Quali limiti, quali opportunità

Vi sono alcune malattie che non vanno via in breve tempo. Ciò non vuol dire che il malcapitato non speri di guarire presto ma sa che deve convivere con la patologia. Per testare un farmaco ci vuole del tempo e forse non è sufficiente rimanere chiusi in casa per cento giorni per cambiare tempi e processi.
 
Il Covid-19 è diventato un “mantra” (nell’induismo, formula che viene ripetuta molte volte come pratica meditativa). È un disastro fino al punto che l’Economist prevede una catastrofe per gli atenei dell’anglosfera, causa crollo delle iscrizioni. In Italia è l’opposto. Le lezioni virtuali hanno raccolto più studenti e moltiplicato gli appelli. Il ministro dell’università e della ricerca Gaetano Manfredi si è così espresso: “dati incoraggianti ma dobbiamo tornare a popolare le aule il prima possibile”. In pochi mesi durante la formazione a distanza “forzata” l’università italiana sembra aver fatto un balzo nel futuro e gli studenti sembrano approvare questa nuova modalità. Tuttavia, è difficile comprendere il perché fare lezione online sia meglio della lezione frontale.
 
Siamo un paese a dir poco “particolare”. Tra i 27 Paesi europei l’Italia è al venticinquesimo posto nella classifica DESI (digitalizzazione dell’economia e della società). Se saliamo di qualche posizione saremo i primi non in Europa ma nel mondo. Il rettore dell’università statale di Milano, Elio Franzini: “dal 6 giugno abbiamo riaperto ma la sensazione è che non ci sia la volontà di essere a tutti i costi in aula”. Due ore di lezione in un ambiente virtuale, con tanto di avatar personalizzabili ed alzate di mano. E alla fine della lezione i ragazzi si intrattengono a scambiare due chiacchiere al bar con i prof. Bar virtuale, ovviamente.
 
In Italia ci sono undici università telematiche. Ammonta alla cifra di 20 milioni di euro lo stanziamento del decreto rilancio per rimuovere l’ostacolo del digital divide, che rischia di lasciare indietro chi non possiede dispositivi aggiornati e collegamenti a Internet. Il Covid-19 arriva anche “con triste successo” a far chiudere il 70/80% delle università del nostro paese predisponendo oramai solo piattaforme virtuali per effettuare le lezioni. Però quando uno studente di matematica non capisce alcuni teoremi può rivedere la lezione. Se i dubbi persistono, può aprire una chat di gruppo dialogando con professori e compagni. Chi non capisce la fisica stessa cosa e via discorrendo per le altre materie. Con queste lezioni frontali si è scoperto che la maggior parte dei professori sono anche informatici e nessuno lo sapeva, destreggiandosi particolarmente bene con le chat virtuali “post lezione”. Speriamo però che si possa tornare alla normalità delle lezioni in università, parlando dal vivo con i professori e scambiando opinioni e vedute con i propri compagni di ateneo, al fine anche di socializzare (elemento assente durante i mesi di quarantena). Forse dovremo aspettarci qualche nuovo testo universitario scritto da qualcheduno non propriamente esperto in materia di pandemie. Ci auguriamo che prevalga la ragione, da un punto di vista filosofico, pensando a Voltaire, Rousseau, Robespierre.
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