Settore birrario tra accise ed innovazione

E’ già da tempo ormai che tutto il movimento birrario italiano, rappresentato non solo dalle grandi industrie ma anche dai numerosissimi microbirrifici, si sta attivando per chiedere al Governo di non applicare l’ulteriore aumento delle accise previsto per il prossimo mese di Gennaio, richiesta che per ora sembra esser stata purtroppo vana.

In particolare, l’associazione AssoBirra, che riunisce le principali aziende che producono e commercializzano malto e birra in Italia, sta promuovendo diverse campagne di comunicazione il cui obiettivo è quello di informare l’opinione pubblica ed esortare i numerosi appassionati del settore a firmare la petizione contro la nuova tassazione.

Ad oggi, sono oltre centonovemila le firme raccolte al grido "più di un sorso su tre se ne va al fisco", e sembra essere proprio così dalle ultime ricerche economiche che AssoBirra ha commissionato al centro studi indipendente "REF Ricerche", per stimare gli effetti della tassazione della birra in Italia su prezzi, consumi e gettito fiscale e pubblicata nell’ultimo report annuale dell’associazione.

Sembra assurdo, infatti, pensare che il Governo voglia stagnare un mercato che nonostante la recente crisi finanziaria ha saputo mantenersi vivace e proattivo verso l’innovazione e la sostenibilità ambientale e d’impresa, di cui esempio lampante sono i microbirrifici che rappresentano nel nostro paese la forza di chi ha la voglia di credere che si possa ancora fare impresa ed essere allo stesso tempo rappresentanti di quel "made in italy" così tanto ricercato all’estero. Dal 2003 al 2013 l’accisa sulla birra è aumentata del 93 % e considerando anche l’IVA, che è passata dal 20 al 22 % l’aumento effettivo arriva al 96 %.

Gli aumenti hanno subito una particolare accelerazione negli ultimi anni a causa dell’entrata in vigore dei Decreti Legge che hanno riguardato le misure urgenti in materia di beni culturali ed istruzione e dal 1° Gennaio 2015 la percentuale tenderà a salire ancora di più arrivando a toccare quota +117,3 % ( +121 % con l’IVA ) e considerando il solo periodo che va dall’ottobre 2013 al gennaio 2015 si avrebbe addirittura un aumento del 30 %.

Sono dati, questi, che senz’altro avranno delle ricadute importanti nel settore a partire dalla minore competitività delle nostre imprese nei confronti di quelle degli altri paesi europei le quali godono di una tassazione più agevole, 9,4 euro ad ettolitro in Germania e 9,9 euro in Spagna in confronto ai 36,5 per ettolitro in Italia.

Secondo lo studio del REF, infatti, l’aumento delle accise provocherebbe un minor gettito fiscale effettivo causato da una riduzione dei consumi stimata nel 5 %, la quale, di conseguenza, porterebbe ad effetti negativi sul PIL ed un effetto depressivo sull’economia e l’occupazione.

Il REF, inoltre, ha stimato l’impatto che si verificherebbe con l’applicazione di una tassazione come quella spagnola o tedesca a tutta la filiera produttiva così da annullare le differenze con i nostri competitor europei.

In questo caso il dato più importante è la potenziale creazione di circa cinquemila posti di lavoro indotta dalla diminuzione dei prezzi.

Ed è proprio per questi motivi, quindi, che il settore è in “fermento“ e chiede di essere ascoltato per far continuare a crescere un mercato che da solo porta alle casse dello Stato circa 4 miliardi di euro tra accise, Iva, imposte sui redditi e sui salari, contributi sociali nel settore birrario e in quelli ad esso collegati, e continua ad investire in innovazione di prodotto e di processo generando un valore aggiunto pari a 3,2 miliardi di euro.

(*) Consultant in EU funds, calls and projects

SI-IES European Service Institute Srl

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