Art Bonus: una funzione pedagogica per la tutela e la valorizzazione della cultura

Nell’ultimo numero abbiamo già trattato in due articoli temi inerenti la gestione e la valorizzazione dei beni culturali. Siamo stati stimolati dagli argomenti dibattuti a livello mediatico, ma soprattuto siamo stati stimolati da due appuntamenti focalizzati sulla cultura tenutisi a Roma la scorsa settimana: l’assemblea della UPA per la cultura e gli Stati Generali della Cultura organizzato da Il Sole 24 Ore. In questi eventi, come era prevedibile, si è parlato tra le altre cose dell’Art Bonus.

L’Art Bonus è un decreto legislativo che coglie l’urgenza del collasso culturale del nostro Paese e si adopera nell’intervento immediato a sostegno del patrimonio culturale, nella tutela , nella valorizzazione e nello sviluppo della cultura e nel rilancio del turismo. L’Art bonus vuole fra le altre cose, incentivare il mecenatismo culturale. Da cui ne consegue uno dei principali obiettivi: facilitare la reperibilità di risorse per i restauri e la tutela dei beni culturali. Come? Con una defiscalizzazione fino al 65%  sugli interventi imprenditoriali privati dedicati alla tutela e alla valorizzazione dei beni culturali. Qualcosa è cambiato, almeno sulla carta questo sembrerebbe essere un incentivo non indifferente.

Una riforma che invita a cambiare la mentalità. Contagia gli elementi della cultura, della direzione scientifica e del talento gestionale. Si stimolano le gallerie, i musei, gli enti a riflettere sul proprio piano strategico. La volontà è quella di stimolare le organizzazioni culturali ad aprirsi, favorendo il dialogo e la partecipazione dei mecenati privati, magari implementando piani pluriennali. Dall’apertura al mecenatismo scaturisce anche un approccio manageriale che contamina i modelli culturali, gli addetti ai lavori aprono ad una gestione economica, la cultura, l’abbiamo già citato in altri post, va gestita come un settore economico, dunque si rivede la governance e si medita di introdurre modalità miste.

L’Art Bonus porta al coinvolgimento di diversi protagonisti oltre all’ente, dal mecenatismo entrano in gioco soci privati secondo nuove modalità che vanno oltre le più usuali sponsorizzazioni e che possono arrivare a partecipare alle board.  Ma anche e soprattutto aggiunge un coinvolgimento dal basso dei cittadini diffondendo una mentalità culturale propensa alle donazioni e al crowdfunding.

Per quanto concerne i soci privati, il MAXXI ad esempio, ha da 2 anni un socio privato che è ENEL che supporta la struttura oltre che a livello economico anche a livello funzionale, offrendo il suo apporto tecnico e infrastrutturale su energia e luce. La Galleria di Milano è stata messa a nuovo con fondi privati, il Colosseo ripulito e restaurato con intervento privato. Qualcosa si sta muovendo, con questo Art Bonus si potrebbe incentivare questo movimento verso la continuità ed il progresso diffuso.

Quando poco fa, sottolineavamo che l’Art Bonus si rivolge anche ai cittadini, intendevamo che l’intento di questo programma è quello di partire con una funzione educatrice alla cultura che agisca dal basso, che insieme alle imprese, istruisca anche i cittadini e li formi sull’importanza della cultura. L’Art Bonus serve ad abituare i cittadini e le imprese a donare con crowdfunding e mecenatismo culturale.

L’Art Bonus è un investimento serio nella diffusione della cultura nel nostro Paese. Se oggi siamo in ritardo la responsabilità è duplice, sia del pubblico che del privato. Nel nostro Paese non c’è mecenatismo, non c’è sensibilità nell’investire sulla cultura. La mentalità italiana a partire dal basso è poco propensa a valorizzare la cultura, perciò ecco che si materializza la finalità più importante di questo decreto che è la funzione pedagogica.

Servono gli investimenti culturali, serve un paese colto. Un nuovo contatto ripetuto fra imprese e organizzazioni culturali, in grado di stabilire delle sinergie e portare a regime un apparato efficiente, mettendo a sistema cittadini, imprese, musei e territorio.

I restauri importanti vanno portati ad esempio per attuare un modello riproducibile di intervento e impegno culturale. Nella coscienza dell’imprenditore medio deve instaurarsi la responsabilità sociale d’impresa, l’imprenditore deve comprendere il valore della cultura e abituarsi a restituire un apporto sociale e culturale al Paese.

L’Italia ha saputo toccare il fondo, con investimenti tangenti al limite dello “zero”, la direzione giusta può essere intrapresa, con questo decreto si ricollega l’economia alla cultura e dalla cultura al turismo, un turismo sostenibile, di qualità, colto. Sfruttando l’offerta culturale possiamo ampliare l’offerta, distribuire il pubblico per una gestione più intelligente del turismo.

La valorizzazione del patrimonio culturale e lo sviluppo del turismo sono un imperativo categorico, il settore deve divenire competitivo, ne va dello sviluppo e del progresso del nostro Paese. Va rotta la distinzione tra pubblico e privato la cultura è patrimonio dell’umanità.

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